Speleo Club Ribaldone - Genova

Gruppo speleologico fondato nel 1970

20-21/10/2018: Over 50

Esplorazione con gli amici del G.S. Martel.


Estratto della relazione di Davide De Feo.

Il nostro obbiettivo è andare in testa al p170 a quota -500 là dove, mediante un breve traverso, si lascia la parte bagnata del pozzo Nadine per spostarsi sul fossile. E’ una zona su cui io e Marc fantastichiamo da anni: è li che la grotta cambia improvvisamente direzione ed è la quota in cui le grotte gemelle, come Chimera, regalano km di freatici; si tratta di un luogo affrontabile solo in stagioni particolarmente secche.

Arriviamo alla confluenza dove gli altri i hanno lasciato un biglietto per avvisarci che sono dentro, il biglietto fa chiaro riferimento alla divinità protettrice dei sordo muti e degli speleologi del Martel: ‘Sa sa SaraMartina’ si legge; prendiamo 100 mt di corda e 20 attacchi e scendiamo.

Passato il bel canyon ed il p30 scavati nel marmo, siamo nelle zone rimaste al buio da più di 3 anni. Iniziamo subito ad incontrare tonnellate di materiale abbandonato: prima della sala belle miage due sacchi, uno con teli ed altro per un eventuale campo, l’altro con 100 mt di corde e ferro; a -298, dalla risalita del fra, un sacco, 30 attacchi, 4 matasse da circa 60 mt di corda. Fino a -500 le corde sono perfette, i moschettoni in lega, invece, in condizioni pessime; i grilli di leroy merlin (per i quali ricordo ancora che il Musso, magazziniere quando la over esplose, fu preso in giro) sembrano gli unici a non aver patito tempo e acqua.

Arrivati sul traverso in testa pozzo troviamo la corda completamente maciullata. La grotta è in secca ma in questo punto non bagnarsi è impossibile. Alberto parte subito in esplorazione. Si attacca all’ultimo frazionamento prima del traversino e scende per 20 metri sotto l’acqua andandosi poi a spostare deciso a Ovest, Corvo lo segue mentre io mi calo per un po' sul fossile fino a che non vedo del tutto sparire le loro luci, poi risalgo e le seguo. Alberto, con una serie di brevi pendoli riesce a guadagnare la parte più a Ovest del pozzo, siamo in una frattura stretta e completamente fossile, la prima corda da 40 finisce; parte Corvo con la 60, si scende decisi, il pozzo principale è sempre ben visibile ed udibile alla nostra destra, dopo un po' una lama ci separa e il rumore d’acqua cessa. Scendiamo ancora fino a che, circa 30 metri sotto di noi la frattura si allarga e si vede una sorta di pavimento; a 10 metri da questo anche la 60 finisce. Corvo e Alberto discutono appesi all’ultimo nodo, tirano fuori un faro ed illuminano l’ambiente, poi discutono ancora; conoscendo Corvi so che succederà qualcosa di divertente, mi metto comodo. Ancora qualche minuto di discussione, poi la ricerca frenetica di corde, cordini, capi d’abbigliamento; parte l’operazione fuga da Alcatraz: si scioglie l’ultimo nodo, Alberto si trasforma in un deviatore vivente, Corvo scende verso il fondo utilizzando nell’ordine: 2 pedali, 2 coppie di longes, un imbrago, 2 discensori, un numero vario di moschettoni e ,si narra, un paio di calzini. Io invoco Santa SVM [Sara Vista Mare N.d.R] perché ci protegga.

In breve Marco tocca terra, è su un piano inclinato di sfasciumi, in un ambiente abbastanza grosso e separato dal pozzo principale, ma la sala chiude. Iniziamo il rilievo ed il disarmo. Purtroppo, le speranze di trovare delle finestre e delle prosecuzioni svaniscono tutte. Il p170 è un enorme fessura che taglia netta da est a ovest; per andare avanti ci toccherà scendere fino p 63 e riprendere con le risalite.

Tornati al traverso bagnato tagliamo la vecchia corda, la sostituiamo e ripartiamo. Inizia una lunga serie di lavori che ci poterà a ripercorrere a ritroso tutta la grotta. Al pozzo del sifone fantasma Corvo inizia una serie di risalite in libera verso gli arrivi concrezionati. A circa 10 mt di altezza decide di piantare un chiodo, ma non ha nulla con se , mi invita a raggiungerlo ‘vieni tranquillo, ho trovato un bel naturale’…non ho esitazioni nel rispondere, ‘non ci penso nemmeno’; salgo sulla corda del pozzo, pendolo e lo raggiungo porgendogli il trapano, ammiro lo spuntoncino alto circa  cinque cm e spesso uno che avrebbe dovuto reggere il peso del patato :P. Fatta sosta, Marco riparte mentre Alberto lo tiene, si muove come se fosse in falesia con le scarpette e la via spittata a metro, invece è con gli stivali e di chiodi manco l’ombra; io e Alberto non possiamo che congratularci. Purtroppo, tutti gli arrivi chiudono in concrezione.

Risaliamo ancora e siamo a quota 380 in partenza pozzo della lama; attraversiamo comodamente ritrovandoci in una bella condotta ricca di concrezioni che percorriamo per una decina di metri incontrando qualche vecchio fix. Le pietre lanciate nella fessura sotto di noi cadono nella sala del terremoto. Marco tenta un esposto traverso in artificiale la dove i vecchi esploratori si erano fermati, ma nulla di fatto, anche lì la grotta chiude. Io pianto un paio di chiodi, mi alzo verso una stretta condottina, la disostruisco a braccia, mi infilo in una micro-spaccatura in cui trovo una concrezione meravigliosa ma nessuna prosecuzione possibile.

Ci spostiamo fino a quota  -150. Metto nel sacco tutto il ferro che trovo, faccio su quasi 50 attacchi completi tutti fioriti, ho appeso sotto di me un sacco rosso ormai completamente pieno di ferro, sono circa le 4 del mattino e la salita si trasforma in una prova di resistenza, dietro i miei compagni aspettano pazienti.

Arrivati dalla corda gialla organizziamo il materiale; Alberto e Corvo iniziano la risalita mentre io tento di dormire qualche minuto; purtroppo le batterie finiscono dopo una decina di fix ed io vengo brutalmente svegliato mentre sognavo di essere in barca con Dipi.

Tornaimo alla confluenza dove troviamo un nuovo messaggio di S1 ‘allargato sifoncino, tutto bene’, lasciamo le corde, organizziamo il ferro, lasciando 20 moschettoni con piastra, 60/70 fix, 20 attacchi completi; ci dividiamo il resto ed usciamo.

Alle 7:40 siamo fuori; una magnifica luce rossa illumina l’ultima strettoia; ci godiamo l’alba prima di addormentarci.




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